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dc.contributor.advisorZazzi, Michele-
dc.contributor.authorMonica, Federico-
dc.date.accessioned2014-07-31T13:18:43Z-
dc.date.available2014-07-31T13:18:43Z-
dc.date.issued2014-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/1889/2538-
dc.description.abstractSecondo i dati pubblicati da UN-Habitat nel 2013 l’Africa Subsahariana risulta la macro-regione del mondo in cui si riscontrano, al contempo, i tassi di crescita urbana più elevati, la più alta concentrazione di residenti negli slum e gli standard di vita più precari. La dimensione inconsueta del fenomeno e la debolezza economica e amministrativa di molti paesi della regione rendono vani i tentativi di offrire soluzioni tradizionali: interventi di social-housing, trasferimento forzato o incentivato dei residenti, ricostruzione su larga scala si sono quasi sempre dimostrati fallimentari e socialmente distruttivi. Gli stessi tentativi di slum upgrading si sono spesso scontrati con difficoltà sostanziali nel coinvolgimento delle istituzioni, attori fondamentali in tali processi. In questo articolato quadro si colloca il presente lavoro di ricerca, focalizzato sulla realtà urbana contemporanea dell’Africa Occidentale e, più nello specifico, sul caso studio della città di Freetown, capitale della Sierra Leone che già nel proprio nome testimonia le peculiarità straordinarie della propria storia. L’analisi si basa su un inquadramento generale relativo alle realtà urbane in Africa occidentale, descritte attraverso la loro evoluzione storica, il complesso sistema socioeconomico che le caratterizza, il ruolo prevalente che assumono gli slum e i quartieri informali in tali città nonché un’introduzione ai più diffusi approcci politici al fenomeno. La realtà attuale della città di Freetown, capitale della Sierra Leone fondata nel XVIII secolo sulla base di teorie filantropiche, è interpretata focalizzando temi strategici quali i preoccupanti livelli di crescita demografica e consumo di suolo, gli insufficienti tentativi di pianificazione e le conseguenti carenze infrastrutturali che hanno condotto ad una fortissima diffusione dell’informalità. Gli specifici approfondimenti sviluppati sugli slum di Freetown hanno condotto alla redazione di analisi insediative e tipologiche: a valle di una mappatura a scala territoriale, che si propone di individuare i principali slum e la loro collocazione nel tessuto urbano, vengono descritte le principali caratteristiche insediative di tali quartieri con particolare riferimento al contesto orografico ed idrogeologico su cui sussistono. Tali analisi si completano attraverso puntuali abachi analitici, corredati da semplici schizzi e schemi grafici, che tentano di individuare i diversi frammenti che compongono gli slum di Freetown, sia alla scala degli elementi urbani (strade, vuoti urbani, trame insediative) sia alla scala degli elementi architettonici e costruttivi. Gli abachi e le analisi sviluppate hanno l’obiettivo di individuare strategie e strumenti che possano contribuire ad un miglioramento degli slum di Freetown basandosi su pratiche e metodologie già diffuse in tali insediamenti. Il modello individuato non prevede interventi strategici su scala urbana ma si basa su piccole azioni di carattere informale, organizzate dalle comunità dei residenti stessi e completamente autorealizzate. L’insieme di tali strategie e azioni punta alla costruzione di un micropiano condiviso fra i residenti dello slum che non necessiti di riconoscimenti ufficiali né di eccessive regolamentazioni; esso si caratterizza come un codice essenzialmente orale finalizzato ad ottimizzare e a diffondere “buone pratiche” già presenti e conosciute per conseguire piccoli ma efficaci miglioramenti nella gestione delle principali criticità. Scrap Cities può significare città di scarto, come in effetti spesso sono considerati gli slum, ma richiama al contempo il valore legato alle potenzialità del riuso e del riciclaggio; in questo senso le tante Scrap Cities contemporanee risultano straordinari laboratori di creatività, inventiva e modelli socioeconomici tanto alternativi quanto efficienti.it
dc.description.abstractThe research focuses on the role of slums and informal settlements in contemporary West African cities, one of the world regions which counts the greatest number of slum dwellers and the poorest access to basic services. The title “Scrap Cities” refers to the common perception of slums as sub-products of urbanization that should be removed as soon as possible and at the same time evocates the smart inventiveness of the slum dwellers, capable to rethink public spaces and to recycle all kinds of materials creating original urban patchworks. Most of West African metropolises were founded by colonial empires, becoming a physical symbol of oppression and segregation. In the post-independence era of the early sixties, the phenomenon of rural-urban migration started to spread and brought gradually to a demographic explosion of the new capitals, with growth rates of more than 5% per year. This caused a widespread diffusion of informality in the housing sector In a certain way we can consider slums as the main expression of a purely African “urban way of life”, based on strong social bonds, informal economy, self-organized communities and self-built environment. An approach to upgrading and development programs that focuses on the environment without involving slum dwellers may cause the demolition of those fragile social bonds, which matter more than a safer environment for the daily life of the residents. The research focuses on the case study of Sierra Leone’s capital Freetown, a city founded by British philanthropists in 1789 as home for freed African slaves. Slums of Freetown have been mapped and analyzed in their main formal elements, creating handbooks to describe all the different typologies of public spaces and housing frames found in the settlements and collecting all the building technologies, materials and solutions commonly adopted by the dwellers. Those records led to an approach which refuses the imposition of strategic development plans made by foreign architects or planners and which also sees a marginal participation of the settlers. The proposed model of improvement tries to set up the conditions for a community-driven micro-planning of the slums, aimed to strengthen self-organization and improve the environmental safety and housing quality without passing through legalization processes or municipality actions. The proposed strategies and actions may appear too small and inadequate to face one of the biggest challenges of contemporary world. The belief is that the only way to hit the target of a slum improvement preserving at the same time social bonds and sense of community requires the involvement of its own architects and builders: the slum dwellers.it
dc.language.isoItalianoit
dc.publisherUniversità degli Studi di Parma. Dipartimento di Ingegneria Civile ed Architetturait
dc.relation.ispartofseriesDottorato di ricerca in Forme e strutture dell'Architetturait
dc.rights© Federico Monica, 2013it
dc.subjectslums, Freetown, informal settlements, upgrading, informal urbanism, africa, self building, Sierra Leone, Kroo bay,it
dc.titleScrap Cities. Strategie e strumenti per il miglioramento degli slum di Freetownit
dc.title.alternativeScrap Cities. Strategies and tools for the development of Freetown's slumsit
dc.typeDoctoral thesisit
dc.subject.soggettarioUrbanisticait
dc.subject.miurICAR/20it
Appears in Collections:Ingegneria civile, dell'Ambiente, del Territorio e Architettura. Tesi di dottorato

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