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Title: La bellezza del dettaglio di architettura, sentimento costruito, processo creativo
Other Titles: The beauty of the detail in architecture, built feeling, creative process
Authors: Visentin, Chiara
Issue Date: 2011
Publisher: Clean Edizioni
Document Type: Lecture
Abstract: Linking architecture to its detail no longer seems nowadays to be works worthy of interest. The speed of technical and technological building processes require often a forgotten attention to detail. Disciplinary and conceptual roots of Modern architecture are based right in the detail that is not style or ornament, but that such a high wisdom of the building that can read, inside the combination, the uniqueness of the final assembly of all its components, its fragments. This lesson we can still read in the intense expressive capacity of many works of the Twentieth century, aware of the crucial function of the detail that always comes from a perfect knowledge of materials. In the memory for Eurau10, through taking as a pretext the architectural research of some of the Twentieth century protagonists, it will highlight as the passion and ideological construction of making architecture is able to transform the universality of beauty in the uniqueness of the particular.
Le radici disciplinari e concettuali dell’architettura moderna si fondano proprio nel dettaglio, che non è stile o ornamento, ma è parte imprescindibile di una tale alta sapienza del costruire che riesce a leggere nell’unicum dell’assemblaggio finale l’unicità dei suoi componenti, dei suoi frammenti. Una “beautiful necessity”, ricorderebbe Claude Bragdon, derivata il più delle volte quale risultato di un impegno testardo dell’architetto. Questa operazione possiamo ancora leggerla nelle intense capacità espressive di molte opere del Novecento, consapevoli della funzione cruciale del particolare che sempre derivava da una perfetta e attenta conoscenza dei materiali. Perret, Mies, Le Corbusier, Hoffman, Loos, Scarpa, Ridolfi, Ponti, Gellner, per citarne solo alcuni europei, Neutra e Wright d’oltreoceano. Non deve essere questa una lezione di storia dell’architettura del Novecento, ma la fattuale verifica di vere e proprie sintesi tra le arti, nelle quali il momento dell’idea e l’atto del costruire hanno pari, vigoroso valore. Non è forse anche questo il talento di un architetto: emozionare il fruitore dinnanzi al dettaglio di un gesto costruttivo, davanti alla dignità che si fa emergere dalla materia, che sia pietra o cemento? La bellezza desunta dall’intimità del pensiero costruito, dalla geniale e necessaria lentezza (spesso) artigianale di dare forma all’idea (le cose a me vengono lentamente, confessava Carlo Scarpa), una venustas interna alla materia dell’architettura, ancora intrinsecamente legata all’idea di costruzione e al rispetto del successivo riscontro diretto dei fruitori di quella architettura. La dimensione del progetto in tutto questo è sicuramente importante. Si riesce a non perdere l’attenzione al dettaglio laddove la scala dell’edificio e dell’insieme di edifici costruiscono la dimensione urbana, lo spazio pubblico o ancor più la dimensione metropolitana dello spazio collettivo?
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