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dc.contributor.advisorGallese, Vittorio-
dc.contributor.authorRochat, Magali Jane-
dc.date.accessioned2008-06-03T08:15:23Z-
dc.date.available2008-06-03T08:15:23Z-
dc.date.issued2008-03-15-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/1889/775-
dc.description.abstractLa sopravvivenza all’interno di un gruppo sociale dipende in grande parte dalla capacità di comprendere e di anticipare il comportamento degli altri. Quali sono le origini filogenetiche dei meccanismi sui quali questa fondamentale capacità si basa? Secondo una concezione classica dell’evoluzione della cognizione sociale, primati umani e non umani elaborano le azioni finalizzate sulla base di strategie cognitive che si differenziano per il livello di complessità: i primati non umani analizzano gli aspetti osservabili del comportamento e prevedono le sue conseguenze in base ad un sistema di apprendimento per associazione, mentre gli esseri umani interpretano le azioni come potenzialmente causate dagli stati mentali dell’individuo. Recenti studi hanno tuttavia suggerito che nella fase iniziale dello sviluppo ontogenetico, la comprensione dell’azione finalizzata si fonda su strategie cognitive non-mentalistiche il cui substrato neurofisiologico potrebbe costituire una base comune alla cognizione sociale dei primati. Nella corteccia premotoria ventrale (F5) e nel lobulo parietale inferiore del macaco e in aree cerebrali analoghe negli esseri umani, è stata scoperta l’esistenza di un meccanismo neurale (il sistema mirror) attraverso il quale le medesime aree cerebrali si attivano sia durante l’esecuzione che l’osservazione di specifici atti motori finalizzati. Questo meccanismo di risonanza motoria, facendo corrispondere le azioni percepite alla loro rappresentazione nel sistema motorio dell’osservatore, permetterebbe quindi di afferrare in maniera diretta l’esperienza sensori-motoria dell’altro, per quanto essa si presenti con aspetti abbastanza simili a ciò che l’osservatore già conosce. L’obbiettivo degli esperimenti presentati in questa tesi era di esplorare l’organizzazione e la flessibilità di questo meccanismo cerebrale, sia da un punto di vista elettrofisiologico che da un punto di vista comportamentale. Nell’esperimento elettrofisiologico, è stata analizzata l’attività dei neuroni della corteccia premotoria ventrale (F5) e della corteccia motoria primaria (F1) durante l’esecuzione e l’osservazione di un atto di afferramento manuale, paragonato con quello eseguito con delle pinze che invertivano la sequenza motoria normalmente eseguita per afferrare. Diversamente da quanto accadeva in F1, dove ad essere codificato era il movimento eseguito sullo strumento, i neuroni di F5 e parte di quelli di F1 codificavano lo scopo distale dell’atto motorio (prendere possesso di) a prescindere dal modo in cui questo era raggiunto. L’esistenza di una codifica dell’azione nei termini dei suoi aspetti astratti, come il suo scopo distale, rende possibile anche la codifica neurale delle azioni di uno strumento gradualmente trasformato dall’esperienza motoria nell’estensione funzionale della mano, mediante l’associazione degli atti motori eseguiti sullo strumento (scopo prossimale) con lo scopo distale dell’azione. L’esperienza motoria è il filo conduttore comune anche all’esperimento comportamentale presentato di seguito: partendo da una serie di studi basati sul paradigma della violazione delle aspettative misurata con i tempi di osservazione nei bambini pre-verbali, quattro esperimenti sono stati condotti su diverse specie di macachi in modo da esplorare la loro capacità, durante l’osservazione di azioni o movimenti non biologici, di valutare l’adeguatezza dei mezzi impiegati per raggiungere uno scopo, in funzione delle caratteristiche del contesto. I risultati dimostrano nei macachi una sensibilità simile a quella espressa dai bambini di nove mesi nel rilevare la congruenza di un’azione. Questa capacità è tuttavia applicabile solo ad azioni biologiche facenti parte del repertorio comportamentale dei macachi. Le azioni finalizzate rese familiari dall’esperienza motoria e, in misura minore, percettiva, potrebbero essere comprese ed anticipate grazie ad un meccanismo di simulazione incarnata (embodied simulation) che conduca automaticamente alla percezione dell’altro come un agente simile a sé, le cui azioni saranno prevedibili sia in base alla somiglianza con il proprio repertorio motorio che rispetto alle caratteristiche fisiche della situazione. L’organizzazione funzionale del sistema motorio intorno allo scopo dell’azione getta luce sulle origini della flessibilità dei meccanismi di apprendimento: l’esito dell’ esperienza motoria e percettiva viene gradualmente generalizzato ad un significato semantico comune, codificato al livello neurofisiologico come scopo e costituente l’elemento strutturante della comprensione e dell’esecuzione dell’azione finalizzata.en
dc.language.isoItalianoen
dc.publisherUniversità degli Studi di Parma, Dipartimento di Neuroscienzeen
dc.relation.ispartofseriesDottorato di ricerca in Neuroscienzeen
dc.rights© Magali Jane Rochat, 2008en
dc.subjectCortical motor systemen
dc.subjectTool useen
dc.subjectAction's goalen
dc.subjectContexten
dc.subjectMotor experienceen
dc.subjectMirror neuronsen
dc.subjectEmbodied simulationen
dc.titleUna prospettiva filogenetica sull'azione intenzionale e la sua comprensione: substrati neurofisiologici ed evidenze comportamentalien
dc.title.alternativeA phylogenetic perspective on intentional action and its understanding: neurophysiological and behavioral evidenceen
dc.typeDoctoral thesisen
dc.subject.miurBIO/09en
dc.description.fulltextopenen
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