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Title: Raggiungere ed afferrare un oggetto : cosa modula il “margine di sicurezza”?
Other Titles: Reaching out and grasping an object : what modulates the “safety margin”?
Authors: Banfi, Laura
Issue Date: 21-Oct-2022
Publisher: Università di Parma. Dipartimento di Medicina e Chirurgia
Document Type: Master thesis
Abstract: L’afferramento degli oggetti è un’azione che eseguiamo innumerevoli volte nella quotidianità. Il comportamento di afferramento consta di due differenti fasi: un rapido avvicinamento della mano all’oggetto con una progressiva apertura delle dita fino al raggiungimento della massima apertura, e un successivo rallentamento del movimento che conduce alla graduale chiusura delle dita e al contatto con l’oggetto. L’afferramento implica un’osservazione dell’oggetto durante la quale le informazioni visive vengono elaborate e trasformate in una programmazione motoria adatta al fine di afferrare l’oggetto. Il modello del sistema visivo di Milner e Goodale (1995) sostiene che le informazioni visive vengano elaborate dalle vie di elaborazione visiva ventrale e dorsale, rispettivamente implicate nella visione per la percezione e per l’azione. Gli autori proposero una dissociazione tra le due vie in quanto la via ventrale elaborerebbe le informazioni visive per il riconoscimento, mentre la via dorsale per l’esecuzione delle azioni. La legge di Weber è quel principio psicofisico della percezione umana che sostiene l’esistenza di una relazione di diretta proporzionalità tra la soglia differenziale e l’intensità dello stimolo. Ganel, Chajut e Algom (2008a) condussero uno studio al fine di testare la validità della legge di Weber per un’azione guidata dalla visione come l’afferramento di oggetti. La legge di Weber venne rispettata quando i partecipanti svolgevano il compito percettivo ma non quello di afferramento. Ad oggi, i risultati dello studio di Ganel e collaboratori rappresentano una prova della dissociazione funzionale fra via ventrale e dorsale proposta da Milner e Goodale. Studi successivi (Utz, Hesse, Aschenneller e Schenk, 2015; Bruno, Uccelli, Viviani e de'Sperati, 2016), invece, non supportano la dissociazione basata su differenti processi di trasformazione delle informazioni visive a seconda che debba essere eseguito un compito motorio o percettivo. Queste indagini hanno consentito di comprendere che l’afferramento non è unicamente determinato dalla grandezza dell’oggetto, bensì anche da vincoli biomeccanici e strategici. Infatti, la massima apertura della mano, raggiunta nella prima fase dell’afferramento, è determinata dalla dimensione dell’oggetto e da una costante, il “margine di sicurezza”, che garantisce al soggetto la possibilità di svolgere un afferramento efficace, sottraendolo dalla necessità di calcolare immediatamente e precisamente le dimensioni dell’oggetto. Il “margine di sicurezza” è misurabile stimando l’intercetta del modello lineare che descrive l’evoluzione della massima apertura in funzione delle dimensioni dell’oggetto da afferrare. Lui consente di eseguire un afferramento efficace. Abbiamo chiesto al campione sperimentale di svolgere un compito di afferramento, a circuito aperto, di oggetti di differenti dimensioni, utilizzando una presa di precisione. Alla luce dell’importante ruolo riconosciuto al “margine di sicurezza”, abbiamo calcolato il suo valore per ciascun partecipante. In seguito, abbiamo indagato quali elementi potessero determinare la sua grandezza. Abbiamo individuato una relazione di diretta proporzionalità tra la dimensione della mano e il “margine di sicurezza”. Conseguentemente abbiamo indagato il potenziale potere predittivo sul “margine di sicurezza” di due variabili temporali: il tempo dedicato all’osservazione dell’oggetto, precedente all’inizio dell’afferramento, e l’intervallo temporale intercorso tra l’inizio del movimento e il raggiungimento della massima apertura della mano. Queste analisi hanno consentito di comprendere che tendono ad utilizzare un maggiore “margine di sicurezza” coloro che guardano l’oggetto più a lungo e coloro che dedicano più tempo alla prima fase dell’afferramento.
Grasping objects is an action that we perform many times in our everyday life. The grasping behaviour consists of two different phases: a rapid approach of the hand to the object with a progressive opening of the fingers until the maximum opening is reached, and a subsequent slowing down of the movement that leads to the gradual closing of the fingers and, subsequently, to the contact with the object. Grasping involves an observation of the object during which visual information is processed and transformed into motor programming suitable for grasping the object. Milner and Goodale's (1995) Model of the Visual System argues that visual information is processed by the ventral and dorsal visual processing pathways, respectively implicated in vision for perception and action. The authors proposed a dissociation between the two pathways. The ventral pathway processes visual information for recognition, and the dorsal pathway for action execution. Weber's law is a psychophysical principle of human perception that supports the existence of a direct proportionality relationship between the differential threshold and stimulus intensity. Ganel, Chajut and Algom (2008a) tested the validity of Weber's law for a vision-driven action such as grasping objects. Weber's law was fulfilled when participants performed the perceptual task but not the grasping task. Nowadays, the results of the Ganel’s study provide evidence for the functional dissociation between the ventral and dorsal pathways proposed by Milner and Goodale. Subsequent studies (Utz, Hesse, Aschenneller and Schenk, 2015; Bruno, Uccelli, Viviani and de'Sperati, 2016), on the other hand, do not support the dissociation based on different processes of transforming visual information depending on whether a motor or perceptual task is to be performed. These investigations led to the realisation that grasping is not only determined by the size of the object, but also by biomechanical and strategic constraints. In fact, the maximum hand opening, reached in the first grasping phase, is determined by the size of the object and a constant, the 'safety margin'. It guarantees the subject the possibility of performing an effective grasp, removing him from the need to immediately and precisely calculate the size of the object. The 'safety margin' can be measured by estimating the intercept of the linear model that describes the evolution of the maximum opening as a function of the size of the object to be grasped. It allows an effective grasp to be performed. We asked the experimental sample to perform a grasping task, in open circuit, of objects of different sizes, using a precision grasp. Considering the important role of the 'safety margin', we calculated its value for each participant. Then we investigated which elements could determine its magnitude. We identified a direct proportionality relationship between hand size and 'safety margin'. Consequently, we investigated the potential predictive power on the 'safety margin' of two temporal variables: the time spent observing the object, prior to the beginning of the grasping, and the time interval between the beginning of the movement and the reaching of the maximum hand opening. These analyses made it possible to understand that those who look at the object longer and those who spend more time on the first phase of the grasping tend to use a greater 'safety margin'.
Appears in Collections:Psicobiologia e Neuroscienze Cognitive, Tesi di laurea magistrale

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