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Title: La Riserva Cognitiva : basi neurofunzionali, metodi di studio, implicazioni cliniche e socio-assistenziali
Other Titles: The Cognitive Reserve : neurofunctional bases, study methods, clinical and social welfare implications
Authors: Agnello, Alberto
Issue Date: 14-Jul-2022
Publisher: Università di Parma. Dipartimento di Medicina e Chirurgia
Document Type: Master thesis
Abstract: Questa tesi si propone di descrivere il complesso concetto della Riserva Cognitiva e di come quest’ultima influenzi l’esordio e la prognosi delle malattie dementigene. Nel panorama più generale possibile, nell’ambito della plasticità cerebrale, possiamo affermare che i neuroni e i circuiti nervosi vanno incontro a cambiamenti durante tutto l’arco della vita. Dalle prime fasi dello sviluppo, all’invecchiamento, si assiste a una riorganizzazione continua degli aspetti strutturali e funzionali del nostro cervello. Questi cambiamenti sono profondamente influenzati dall’esperienza, dal contesto e dagli stimoli a cui siamo sottoposti per tutta la vita. Alcune condizioni, come una malattia dementigena o un danno cerebrale, sono in grado di turbare gli equilibri e determinano una progressiva perdita di una o più funzioni cognitive. La riserva cognitiva si riferisce alla capacità di un soggetto anziano di mitigare l’effetto dei danni cerebrali riducendone la sintomatologia. La perdita di una determinata funzione cognitiva, infatti, non è direttamente relata al grado di compromissione cerebrale e la riserva cognitiva si colloca quindi come intermediario indipendente nella relazione tra patologia ed espressione dei sintomi clinici. Data la sua elevata incidenza nella popolazione anziana, la demenza di tipo Alzheimer, ha colpito più di 59 milioni di persone nel mondo, ed è considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una emergenza di salute pubblica. Attraverso modelli previsionali utilizzati dai ricercatori si stima che nel 2050 i casi di demenza potrebbero addirittura triplicare. Un fattore da tenere in considerazione è l’ampia variabilità geografica degli incrementi dei casi previsti: questi interesserebbero soprattutto i paesi in via di sviluppo come l’Africa subsahariana orientale, l’Africa settentrionale e parte del Medio Oriente, ma non interesserebbero i paesi industrializzati come l’Europa e gli Stati Uniti dove il tasso di incidenza è in diminuzione grazie alla correzione dei fattori di rischio. 6 Nel tempo, infatti, sono stati individuati fattori di rischio e fattori protettivi ed è stato dimostrato come un’elevata riserva cognitiva sia in grado di ritardare significativamente l’insorgenza dei sintomi cognitivi legati al processo degenerativo, riducendone anche il burden socioassistenziale ed economico. Il grado di educazione, il livello occupazionale e le attività del nostro tempo libero, sono solo alcune delle attività possibili in grado di rendere il nostro cervello più resistente e soprattutto più resiliente a un decadimento patologico. Le terapie farmacologiche e gli approcci psicosociali non costituiscono ancora una soluzione definitiva. Dalla demenza non si guarisce, dal punto di vista clinico risulta necessario intraprendere un approccio di stimolazione cognitiva incentrata sulla persona che vive la condizione di malattia, cercando di individuare e mantenere attive le capacità residue del paziente.
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