Please use this identifier to cite or link to this item: https://hdl.handle.net/1889/4755
Title: Programmation 3D en chirurgie orthognathique : évaluation critique des différences entre la planification préopératoire et le résultat final; élaboration d’un nouveau guide per opératoire
Other Titles: 3D surgical planning in orthognathic Surgery: critical evaluation of the differences between the pre-operative plan and result; creation of a new intraoperative guide
Programmazione 3D in chirurgia ortognatica: valutazione critica delle differenze tra programma preoperatorio e risultato finale; creazione di nuove guide intraoperatorie
Authors: Varazzani, Andrea
Issue Date: 2022
Publisher: Università degli studi di Parma. Dipartimento di Medicina e chirurgia
Document Type: Doctoral thesis
Abstract: Introduzione: Ad oggi quasi tutti i reparti di chirurgia maxillo-facciale utilizzano in chirurgia ortognatica la programmazione 3D. La letteratura negli ultimi anni ha dimostrato che rispetto alla metodica classica 2D risulta molte volte più precisa e più rapida. Non esistono ancora dei programmi che possano ricreare sui tessuti molli, in modo affidabile e quantificabile, il risultato dei movimenti eseguiti a livello osseo. Si ottiene sempre un volto umanoide. Nonostante la precisione del metodo 3D ci siamo accorti che in sala operatoria eseguivamo spesso delle modifiche, rispetto ai movimenti pianificati, per cercare di ottenere un risultato estetico e funzionale migliore per il paziente. La valutazione viene condotta esaminando direttamente il volto del paziente in sala operatoria, una volta eseguiti i movimenti ossei. Quindi abbiamo condotto uno studio di comparazione tra la TC di controllo post-operatorio e la pianificazione 3D per comprendere quanto questo metodo fosse preciso nelle nostre mani e quali movimenti fossero modificati più spesso e di quanto. Inoltre, abbiamo cercato di creare un prototipo di guida di posizionamento mascellare che non necessiti di placche preformate, che possa aiutarci a migliorare la nostra precisione, ma che lasci comunque la possibilità di modificare il risultato finale in sala operatoria. Questo dispositivo deve anche avere la possibilità di essere prodotto a basso costo all’interno di un ospedale, per poter essere utilizzato in tutti i casi di chirurgia ortognatica. Materiali e metodi: Abbiamo sottoposto a chirurgia ortognatica bimascellare 25 pazienti, affetti da dismorfosi dentoscheletriche. In seguito, seguendo la tecnica surface-based superimpositioning abbiamo sovrapposto il modello 3D del cranio del controllo post-operatorio con quello della pianificazione, utilizzando il software Cloudcompare. Successivamente abbiamo posizionato gli stessi 5 punti sulle cuspidi dentali del mascellare postoperatorio e di quello pianificato. Abbiamo calcolato le differenze tra queste coppie di punti e da queste abbiamo ricavato i movimenti risultanti differenti per ogni paziente. Per quanto riguarda la creazione della guida di posizionamento, abbiamo chiesto la collaborazione dei colleghi ingegneri della nostra università che attraverso la modellizzazione ibrida e l’ottimizzazione topologica, ci hanno aiutato a creare dei prototipi che si avvicinavano sempre più alla nostra idea. Risultati: Le differenze tra i punti sono risultate statisticamente non significative (>0.95), ma in alcuni casi appaiono clinicamente significative. Solamente in 4 pazienti su 25 non c’è stata una modifica di almeno una dimensione di un punto maggiore di 1,5mm (valore selezionato come soglia). Per testare la nostra guida di posizionamento abbiamo eseguito 3 tipi di prove: nella prima abbiamo caricato il file del dispositivo nel programma di pianificazione e abbiamo controllato l’aderenza delle placchette al cranio; nella seconda abbiamo stampato il modello 3D della pianificazione e abbiamo valutato visivamente e palpatoriamente la sua aderenza al cranio e la sua accuratezza di riproduzione della pianificazione. In ultimo lo abbiamo testato in vivo per controllare nuovamente la sua aderenza al cranio, ma anche la sua facilità di utilizzo in presenza dei tessuti molli. Non abbiamo potuto utilizzare la nostra guida per eseguire i movimenti chirurgici in quanto al momento il nostro ospedale non può ancora produrre dispositivi medici. Discussione: I risultati della prima parte dello studio hanno dimostrato delle differenze clinicamente significative tra il controllo post-operatorio e la pianificazione, soprattutto nella dimensione sagittale. Quindi viene confermata sia la necessità di un metodo di trasferimento del programma più accurato, che l’importanza di poter eseguire delle correzioni dei movimenti eseguiti valutando intraoperatoriamente il risultato sul volto del paziente. Gli ultimi prototipi eseguiti, oltre soddisfare tutte gli obiettivi che ci eravamo posti, hanno superato tutti i 3 test di controllo. Conclusione: Anche nell’era della pianificazione 3D risulta importante trovare un metodo di trasferimento più accurato e che permetta di migliorare intraoperatoriamente il risultato finale. La nostra guida si è dimostrata efficace nei nostri test. Non appena avremo la possibilità di produrre dispositivi medici, in house, eseguiremo uno studio di comparazione con le altre metodiche. Se dovesse anche li dimostrarsi efficace potrebbe sostituire gli splint nella normale pratica clinica della chirurgia ortognatica.
Introduction: Nowadays, most of Maxillo-Facial departments commonly use 3D virtual planning in orthognathic surgery. In the last years, 3D planning has been demonstrated to be usually more precise and more rapid than the previous 2D method in the literature. There isn’t yet softwares that can reliably and quantitatively recreate the result on the soft tissues of the patient, based on the planned bone movements. The obtained virtual result is still a humanoid face, typically distant from the real patient’s face. Although 3D planning precision, we noticed that intraoperatively we often decided to modify the 3D plan, in order to obtain the best aesthetic and functional result for the patient. The evaluation was performed intraoperatively, looking at the patient’s face after the bone movements were performed. For this reason we decided to perform a comparative study between the postoperative CT scan and the 3D virtual planning, to understand the precision of this method in our hands and what kind of modifications were usually performed and their entity. Moreover, we tried to create a maxillary positioning guide prototype without prebent titanium plates that would help us to be more precise, but that would let us modify the planned movements during surgery. This device should also be printed in-house and low-cost, in order to be used routinely in all cases of orthognathic surgery. Materials and methods: 25 patients affected by dentofacial deformities underwent bimaxillary orthognathic surgery. Then, in Cloudcompare software, using surface-based superimpositioning technique, we overlapped the 3D model of the postoperative skull and the planned one. After this, we identified 5 specific landmarks on the cusps of maxillary teeth, both on the planned and postoperative model. We computed the difference between these landmarks and obtained the tridimensional movements for each patient. Regarding the positioning guide manufacturing, we collaborate with the engineers of our university, who, through 3D hybrid modelling and topological optimization, help us to design prototypes suitable to our goals. Results: The differences between the points were not statistically significant (> 0.95), but in some cases they appear to be clinically significant. Only in 4 patients out of 25, there was no change of one dimension of the point greater than 1.5mm (value selected as threshold) at least. To test our positioning guide, we performed 3 types of tests: in the first we loaded the device file into the planning program and checked the adherence of the plates to the skull; in the second we printed the 3D model of the planning and we visually and palpably assessed the guide adherence to the skull and its accuracy in reproducing the planning. Finally we tested it in vivo to check again its adherence to the skull, but also its ease of use in the presence of soft tissues. We were unable to use our guide to perform the surgical movements as our hospital is not yet certified to manufacture medical devices. Discussion: The results of the first part of the study demonstrated clinically significant differences between postoperative 3D model and planning, especially in the sagittal dimension. Therefore, the need for a more accurate program transfer method and the importance of being able to make intraoperatively corrections to the planned movements, are confirmed. The latest prototypes performed passed all 3 controls and they also met our objectives. Conclusion: Even in the 3D planning era, it is important to find a more accurate transfer method that allows to improve intraoperatively the final result. Our guide proved effective in our tests. As soon as we have the opportunity to produce medical devices, in house, we will carry out a comparison study with the other methods. If it should prove effective it could replace the splints in the normal clinical practice of orthognathic surgeons.
Introduction : A ce jour, la quasi-totalité des services de chirurgie maxillo-faciale utilisent la programmation 3D en chirurgie orthognathique. La littérature de ces dernières années a montré qu’elle était généralement plus précise et plus rapide que la méthode 2D classique. Il n'existe pas encore de programmes capables de quantifier de manière fiable les résultats sur les tissus mous relatifs aux mouvements effectués au niveau osseux; seuls des visages humanoïdes sont obtenus. Malgré la précision de la méthode 3D, nous nous sommes rendus compte qu'au bloc opératoire, des changements étaient souvent effectués par rapport aux mouvements prévus, afin d'obtenir un meilleur résultat esthétique et fonctionnel pour le patient. L'évaluation se fait en examinant directement le visage du patient au bloc opératoire, une fois les mouvements osseux effectués. Nous avons donc mené une étude comparative entre le scanner de contrôle postopératoire et la planification 3D pour comprendre à quel point cette méthode était précise, quels mouvements étaient le plus souvent modifiés et dans quelle mesure. De plus, nous avons tenté la création d’un prototype de guide de positionnement maxillaire qui ne nécessite pas de plaques préformées, ce qui peut nous aider à améliorer notre précision, mais qui laisse la possibilité de modifier le résultat final au bloc opératoire. Ce dispositif doit également avoir la possibilité d'être produit à moindre coût au sein d'un hôpital, afin d'être utilisé dans tous les cas de chirurgie orthognathique. Matériels et méthodes : 25 patients atteints de dysmorphose dentosquelettique et ayant eu une chirurgie orthognathique bimaxillaire ont été inclus. Ensuite, suivant la technique de surface-based superimpositioning, nous avons comparé le modèle 3D du crâne de contrôle post-opératoire avec celui de la planification à l'aide du logiciel Cloudcompare. Par la suite, nous avons placé cinq points sur les cuspides dentaires du maxillaire postopératoire et référé les mêmes points sur le maxillaire de la plannification. Nous avons calculé les différences entre ces paires de points et à partir de celles-ci, nous avons dérivé les différents mouvements résultants pour chaque patient. Quant à la création du guide de positionnement, nous avons démandé la collaboration de collègues ingénieurs de notre université qui, par modélisation hybride et optimisation topologique, nous ont aidés à créer des prototypes se rapprochant le plus de notre idée. Résultats : Les différences entre les points n'étaient statistiquement pas significatives (> 0,95), mais dans certains cas, semblaient être cliniquement significatives. Chez 4 patients sur 25, il a été observé un changement d'au moins une dimension d’un point supérieur à 1,5 mm (valeur choisie comme seuil). Pour tester notre guide de positionnement, nous avons effectué trois types de tests : dans le premier, nous avons chargé le fichier du dispositif dans le programme de planification et vérifié l'adhérence des base d’appui au crâne ; dans le second, nous avons imprimé le modèle 3D du planning et nous avons évalué (visuellement et au toucher) son adhérence au crâne ainsi que sa précision dans la reproduction du planning. Enfin le troisième test consistait en un test in vivo, pour vérifier à nouveau son adhérence au crâne, mais aussi sa facilité d'utilisation en présence de tissus mous. L’utilisation de notre guide pour effectuer les gestes chirurgicaux n’était pas possible car notre hôpital n'est pas encore en mesure de fabriquer des dispositifs médicaux. Discussion : Les résultats de la première partie de l'étude ont mis en évidence des différences cliniquement significatives entre le contrôle postopératoire et la planification, notamment dans la dimension sagittale. Par conséquent, le besoin d'une méthode de transfert du programme plus précise et l'importance de pouvoir effectuer des corrections des mouvements effectués en évaluant en peropératoire le résultat sur le visage du patient sont confirmés. Les derniers prototypes réalisés, en plus de répondre à tous les objectifs que nous nous étions fixés, ont passé avec succès les trois tests de contrôle. Conclusion : Même à l'ère de la planification 3D, il est important de trouver une méthode de transfert plus précise qui permet d'améliorer le résultat final en peropératoire. Notre guide s'est avéré efficace lors de nos tests. Dès que nous aurons l'opportunité de produire des dispositifs médicaux en interne, nous réaliserons une étude comparative avec les autres méthodes de transfert. Si elle s'avérait efficace, elle pourrait remplacer les gouttières dans la pratique clinique de routine de la chirurgie orthognathique.
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