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https://hdl.handle.net/1889/3459
Title: | Psicobiologia delle emozioni nel modello animale : la gelosia nel cane |
Other Titles: | Psychobiology of emotions in the animal model : jealousy in dogs |
Authors: | Zantedeschi, Irene |
Issue Date: | 6-Jul-2017 |
Publisher: | Università degli Studi di Parma. Dipartimento di Medicina e Chirurgia |
Document Type: | Bachelor thesis |
Abstract: | Le emozioni sono da sempre argomento di grande interesse per la psicologia e la psicobiologia. Definire scientificamente le emozioni non è di certo semplice, anche se esistono molteplici studi sperimentali in materia. Ciò che risulta difficile è dare una connotazione oggettiva al “sentire” (to feel) che caratterizza la percezione dell’emozione. Esiste un’esaustiva letteratura che indaga le emozioni umane in psicologia, ma in questo lavoro il punto di vista che abbiamo adottato è l’approccio evoluzionistico e conseguentemente il lavoro si basa su una letteratura che mette a confronto studi sull’umano e sul modello animale. Partendo da presupposti scientifici riguardo alle emozioni di base, ovvero dalla descrizione di alcuni tra i numerosi paradigmi sperimentali in materia di emozioni primarie, si passa a considerare i lavori che riguardano le emozioni secondarie ed in particolare la gelosia. La gelosia ci risulta essere particolarmente interessante per diverse ragioni: è un’emozione che accompagna l’essere umano in diversi modi lungo l’arco della vita e nonostante sia considerata un’emozione complessa, non mancano ricerche che indicano l’esistenza di una proto-gelosia già presente nel bambino molto piccolo e in altri mammiferi. Abbiamo considerato di particolare interesse lo studio di Morris &Prouvost (2014) che, riadattando un paradigma della gelosia nel bambino di Hart et al. (1998), sottoposero 36 coppie cane-proprietario ad un’osservazione comportamentale volta ad indagare possibili risposte di gelosia nell’animale. Morris e colleghi osservarono le reazioni dei cani in un setting sperimentale dove il proprietario veniva istruito ad ignorare completamente il proprio cane, rivolgendo totalmente l’attenzione a 2 oggetti: uno di natura sociale, (un cane finto), e uno di natura non sociale (un libro) in fasi temporali distinte. Il presente lavoro svoltosi presso l’Università degli Studi di Parma, si inserisce in un progetto di ricerca più ampio sulla gelosia nel cane condotto in collaborazione con l’università degli Studi di Milano. Riadattando la procedura di Morris e Prouvost (2014), nella quale l’oggetto sociale (un cane finto) era un peluche che emetteva suoni e muoveva la coda, presso Parma è stato utilizzato un cane di plastica rigido benché estremamente realistico nell’aspetto e presso Milano è stato utilizzato un cane di peluche senza dotazioni vocali e di movimento. Ciò che si è voluto escludere con questa modifica, è la possibilità che il peluche utilizzato da Morris e colleghi (2014), abbia potuto suscitare nel cane, non tanto gelosia, quanto piuttosto un interesse ispirato da un oggetto che rappresenta uno stimolo saliente. Il cane rigido d’altro canto, non essendo facilmente addentabile e nemmeno di uso comune quale oggetto ludico, dovrebbe essere meno interessante per l’animale a meno che non abbia una valenza sociale e possa dal cane essere percepito come un rivale. A Milano l’utilizzo del peluche, ha permesso di ottenere un ulteriore controllo rispetto alla “variabile stimolo”. Lavorare con cani domestici permette di osservare un rapporto interspecifico unico nel rispetto della validità ecologica, difatti, nonostante le grandi differenze sia anatomico-fisiologiche che cognitive, uomo e cane domestico condividono ambienti e abitudini ed il rapporto che lega il cane al proprio proprietario può essere comparato, in alcuni casi, con il legame d’attaccamento del bambino verso il caregiver. Questo specifico ambiente potrebbe quindi fornire dati in un’ottica trasversale, rispetto a due diverse specie. Secondo la teoria dell’Embodied Cognition (cognizione incarnata), la cognizione non dipenderebbe solo da caratteristiche proprie della mente, ma sarebbe radicata nell’esperienza corporea (Clark, 1997). Il modello animale è quindi ad oggi indispensabile per poter approfondire il ruolo dell’ambiente nel modellare dotazioni emotive di base. Considerare possibile l’esistenza di un precursore innato della gelosia presente nel bambino e nel cane, ci permetterebbe di verificare come l’ambiente agisca su specie diverse partendo da presupposti omologhi. In buona sostanza, se il cane che vive in un determinato ambiente familiare reagisce ad uno stimolo atto a suscitare gelosia in un determinato modo, possiamo parlare di vera e propria gelosia? Quanto di questa gelosia appartiene alla specie in quanto mezzo per assicurare la propagazione dei suoi geni, e quanto può essere frutto di un’ antropomorfizzazione emotiva? Risposte a tali quesiti potrebbero essere di enorme utilità per la ricerca futura, sia rispetto allo studio delle emozioni secondarie nei mammiferi non umani, sia per quanto riguarda la comprensione della relazione interspecifica che unisce uomo e cane. |
Appears in Collections: | Psicobiologia e Neuroscienze Cognitive, Tesi di laurea magistrale |
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