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dc.contributor.authorZinelli, Anna-
dc.date.accessioned2017-02-03T14:30:04Z-
dc.date.available2017-02-03T14:30:04Z-
dc.date.issued2016-11-
dc.identifier.urihttp://www.ricerchedisconfine.info/VII-1/ZINELLI.htmit
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/1889/3253-
dc.description.abstractIl 20 luglio del 1964 la Pravda pubblica un duro attacco alla Biennale di Venezia - che sancisce, con il premio assegnato a Rauschenberg, la consacrazione del New Dada e della Pop Art - accusandola di “ciarlataneria”. Analogamente da parte della critica italiana emerge una diffusa tendenza a non ammettere la stessa liceità estetica del Realismo Socialista, recuperando i termini di una contrapposizione tra “arte” e “kitsch” il cui antecedente fondamentale può essere identificato nel celebre testo di Greenberg del 1939. Sempre nel 1964 la terza edizione di documenta a Kassel propone una lettura del contemporaneo che esclude programmaticamente il realismo, assumendo una visione idealista che rifiuta ogni possibile tangenza tra ricerche estetiche e dimensione politica. L’articolo si propone di indagare l’affermazione di un modello di lettura del Realismo Socialista che risente profondamente delle politiche culturali in atto negli anni della guerra fredda, i cui retaggi continueranno a perpetuarsi nel dibattito successivo sul realismo, trovando solo in anni recenti, con autori come Boris Groys, una forma di problematizzazione.it
dc.description.abstractOn the 20th of July 1964, Pravda condemns as “charlatan/swindler” the Venice Biennale, which had consecrated officially New Dada and Pop Art by awarding the Grand Prize to Rauschenberg. Similarly, Italian critics start displaying the general tendency to deem Socialist Realism as not equally valuable on an aesthetic level, regaining the terms of the contradistinction between “art” and “kitsch” whose main antecedent is Greenberg’s breakthrough essay from 1939. Moreover, in 1964 the third documenta in Kassel presents a reading of contemporary art which purposely ignores realism, assuming an idealistic perspective which refuses the possibility of any overlap between aesthetic investigations and political dimensions. This paper aims to analyse the rising of a reading model of Social Realism deeply influenced by the cultural politics of the Cold War years, whose heritage will keep on perpetuating itself in the following debate on realism, and which has been put into question only in recent years by theorists such as Boris Groys.it
dc.language.isoItalianoit
dc.publisherDipartimento dei beni culturali e dello spettacolo, Università di Parmait
dc.relation.ispartofseriesRicerche di S/Confineit
dc.subjectrealismo socialistait
dc.subjectBiennale di Veneziait
dc.subjectdocumenta di Kasselit
dc.subjectKitschit
dc.titleIl Realismo Socialista come forma di “non arte”. Alcune ipotesi di lettura a partire dalla XXXII Biennale di Venezia e dalla documenta 3 di Kassel del 1964it
dc.typeArticleit
dc.subject.miurL-ART/03it
Appears in Collections:2016, VII, 1, Artisti della realtà



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