Una lingua che combatte. Tempo e utopia nell'opera di Penna, Caproni, Fortini e Sereni

Abstract

Questa tesi di dottorato prende in esame quattro diversi percorsi poetici al cui centro vi è la relazione tra l’esperienza del tempo e il concetto di utopia ad esso collegato. Attraverso l’uso dei tempi verbali emerge l’inesausto confronto col grande tema novecentesco del nulla, che non solo non è risolto, ma viene fatto reagire con la possibilità o l’impossibilità della speranza in un al di là che, se non è salvezza, rappresenta almeno una possibilità alternativa al qui e ora. Così il presente e l’imperfetto di Penna rappresentano una temporalità non conclusa, un continuo ripetersi del desiderio erotico. Caproni, invece, dopo una prima coincidenza con la poetica di Sandro Penna, lascia emergere una diversa concezione del tempo e della parola, da cui si sviluppa una differente filosofia del linguaggio e della storia. Il presente viene dunque deviato dall’ingresso della Storia verso un futuro senza speranza, verso una visione del reale compiutamente nichilistica. Al contrario in Fortini il tempo rappresenta il rifiuto dell’hic et nunc e si carica d’attesa per una realtà che non è ancora e che troverà un compimento in una dimensione spazio-temporale a venire, attraverso quel meccanismo poetico che Mandel’štam chiamava reversibilità o retrovertibilità, per cui, come in un ciclo continuo, il passato produce i suoi effetti sul presente e questo sul futuro. Sereni, infine, in parte condivide la dinamica della reversibilità, ma poi rimane sospeso tra lo sprofondamento nel vuoto e l’apertura ad una realtà ulteriore: non c’è nessuna certezza, né che ci si volga all’indietro, né che si guardi in avanti. Considerato in prospettiva il suo sguardo abbraccia una doppia temporalità: una che fa emergere la poesia dal tempo storico e che si risolve in non-appartenenza e in non-essere, l’altra che va invece contro il tempo e contro la storia e che ipotizza un’altra dimensione dell’essere.

This doctoral thesis takes into account four different poetical paths and focuses on the relationship between the experience of time and the connected concept of utopia. The anguish for the nineteenth century main philosophical theme of Nothing appears through the use of verbal tenses, as well as poetry reveals the feelings of displacement or exile. Words respond to this negative experience sometimes with the possibility of hope, at others times with the impossibility of desire and with no expectation. The use of present and past tense by Penna suggests the idea of an unfinished time, a continuous repetition of the erotic desire. Instead, Giorgio Caproni’s conception of time changes after a momentary harmony with Penna’s poetics of the “eternal present” and reveals a different idea of history and an opposite philosophy of language. History changes present into a hopeless future, and reality is remodelled in a nihilistic view. Contrarily, Franco Fortini refuses hic et nunc and prefers a poetics of advent and hope for the future, attempting through Mandel’štam’s concept of reversibility that can be represented by a cycle in which the past generate his effects in the present and the present influences the future. Finally, Vittorio Sereni hovers between nihilism and an ulterior reality. There is no certitude whether we look behind or forward, but a double temporality is possible: the first one lets grow up poetry from history and reveals nonexistence; the second one goes against time and history and assumes another dimension of being.